19 domenica Apr 2015
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in19 domenica Apr 2015
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in17 venerdì Apr 2015
Posted trauma infantile
inDa uno studio (Su et al., 2015), condotto su 400 persone seguite per 20 anni, emerge che chi è cresciuto in una famiglia disfunzionale, abusante o neglect è più a rischio di soffrire di pressione alta.
Questo studio richiede approfondimenti successivi, in quanto non dimostra che un trauma in infanzia ha come conseguenza la pressione alta in età adulta ma sicuramente fa riflettere su possibili interventi preventivi e apre un nuovo campo d’indagine.
http://www.scientificamerican.com/article/childhood-trauma-linked-to-high-blood-pressure-later-in-life/?WT.mc_id=SA_Facebook
06 lunedì Apr 2015
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E’ stato pubblicato un interessante articolo che cerca di spiegare l’origine del Narcisismo e apre la strada ad interventi educativi preentivi (Brummelman et al., 2015) http://www.pnas.org/content/112/12/3659.abstract
Gli autori hanno confrontato sperimentalmente due teorie che spiegano l’origine del narcisismo, seguendo longitudinalmente 565 bambini tra i 7 e i 12 anni.
La teoria psicoanalitica sostiene che il narcisismo sia favorito dalla mancanza di calore da parte dei genitori, mentre la teoria dell’apprendimento sociale ipotizza che il narcisismo viene favorito dalla sopravvalutazione dei genitori.
I risultati supportano l’ipotesi della teoria dell’apprendimento sociale: i bambini sembrano interiorizzare i punti di vista gonfiati dei loro genitori sulle proprie capacità, facendoli propri, “Io sono superiore agli altri”, “Io ho diritto a privilegi”. Quindi genitori che sopravvalutano le capacità dei propri figli, genererebbero nei loro figli la convinzione di essere speciali.
L’autostima del bambino è invece correlata all’affetto percepito da parte dei genitori, non alla loro sopravvalutazione.
Questi risultati ci danno delle indicazioni su come le esperienze precoci di socializzazione possono influenzare la comparsa del narcisismo.
Interventi preventivi potrebbero ridurre dunque la probabilità che si diventi individui narcisistici, caratterizzati dal sentirsi superiori agli altri, la tendenza a fantasticare sui propri successi personali e la convinzione che si meritano un trattamento speciale. Tale individui quando si sentono umiliati, possono spesso reagire in modo aggressivo o violento determinando problemi nella società.
03 venerdì Apr 2015
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inIl punto di vista del bambino
23 lunedì Mar 2015
Posted disturbo di personalità
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02 lunedì Mar 2015
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inCos’è?
È un fenomeno molto diffuso ma ancora poco conosciuto, che riguarda i minori e produce effetti traumatici pari in intensità a quelli prodotti da violenze dirette.
Secondo il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia (CISMAI) per violenza assistita da minori in ambito familiare s’intende:
“fare esperienza di qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica (percosse con mani od oggetti, impedire di mangiare, bere e dormire, segregare in casa o chiudere fuori casa, impedire l’assistenza e le cure in caso di malattia, ecc.)violenza verbale, psicologica (svalutare, insultare, isolare dalle relazioni parentali ed amicali, minacciare di picchiare, di abbandonare, di uccidere, di suicidarsi ecc.)violenza sessuale (stuprare ed abusare sessualmente)e violenza economica (impedire di lavorare, sfruttare economicamente, impedire l’accesso alle risorse economiche, far indebitare, ecc.)compiuta su figure di riferimento o su altre figure significative, adulte o minori;s’includono le violenze messe in atto da minori su altri minori o su altri membri della famiglia e gli abbandoni ed i maltrattamenti ai danni di animali domestici”.
Di tale violenza il minore può fare esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti.
In questa definizione si tiene conto del fatto che non solo vedere la violenza, sentire il rumore delle percosse, della rottura degli oggetti, le grida, gli insulti e le minacce, i pianti ha un impatto doloroso, confondente e spaventoso sui bambini; lo ha anche sapere che determinate cose avvengono, constatarne gli effetti vedendo oggetti distrutti, venire a contatto o a conoscenza degli effetti fisici della violenza sul proprio familiare. Ma doloroso e pauroso è anche percepire la disperazione, l’angoscia e lo stato di terrore delle vittime dirette.
Secondo i dati Istat del 2006 sono state 690 mila in Italia le donne che hanno subito violenze ripetute da partner e avevano figli al momento della violenza. Il 62,4% ha dichiarato che i figli hanno assistito ad uno o più episodi di violenza. Nel 19,6% dei casi i figli vi hanno assistito raramente, nel 20,2% a volte, nel 22,6% spesso. Le donne che hanno subito violenza ripetutamente dal partner e avevano figli hanno anche dichiarato che nel 15,7% dei casi i figli hanno subito violenza dal padre: raramente, nel 5,6%, a volte nel 4,9%, spesso nel 5,2%.
Quali sono gli INDICATORI?
In caso di violenza assistita alcune aree di sviluppo appaiono compromesse:
-legame di attaccamento
-adattamento e competenze sociali
-comportamento
-abilità cognitive e problem solving
-apprendimento scolastico
Inoltre possono essere riscontrati i seguenti sintomi:
-depressione
-ansia
-inquietudine
-colpa
-bassa autostima
-aggressività
-crudeltà verso gli animali
-tendenza all’atto
-immaturità
-ipermaturità
-difficoltà nel comportamento alimentare
-alterazioni del ritmo sonno-veglia
-incubi ed enuresi notturna
-scarse abilità motorie
-comportamenti auto lesivi
-incubi ed enuresi notturna
-scarse abilità motorie
-comportamenti autolesivi
-uso di alcool
-più alta incidenza di allergie, infezioni del tratto respiratorio, cefalea, disturbi
-gastrointestinali, disturbi del sonno.
Quali sono le CONSEGUENZE della VAI?
I bambini esposti a violenza domestica provano paura, terrore, confusione, impotenza e rabbia e vedono le figure di attaccamento da un lato terrorizzate e disperate, dall’altro pericolose e minacciose; questi bambini provano la pena di esistere poco perché non visti nella propria sofferenza dai genitori. I partner ed i genitori maltrattanti negano infatti il maltrattamento e non riconoscono la sofferenza dei figli generata dalla violenza: molte madri picchiate, quando sono interrogate sulla possibile percezione che di tutto questo possono avere i figli, rispondono che i bambini dormono in un’altra stanza o che comunque dormono o non sono presenti o non sentono o non capiscono; nei bambini testimoni di violenze può essere presente il senso di colpa per il fatto di sentirsi privilegiati quando non vittimizzati direttamente, nello stesso tempo possono percepirsi come responsabili della violenza perché cattivi e sentirsi impotenti a modificare la situazione con conseguenti problemi appunto di depressione, ansia, vergogna, disperazione; i piccoli possono sviluppare comportamenti adultizzati d’accudimento verso uno o entrambi i genitori ed i fratelli e diventare protettori mettendo in atto a tal fine numerose strategie come andare a controllare chi suona alla porta o rispondere al telefono per filtrare le telefonate del maltrattante, assumendo comportamenti compiacenti e dire bugie ma anche imparare a dar ragione all’uno o all’altro genitore a seconda delle circostanze o in base al fatto di stare in quel momento con l’uno piuttosto che con l’altro.
Le vittime di violenza assistita apprendono che l’uso della violenza è normale nelle relazioni affettive (esse possono essere incoraggiate o costrette ad insultare o picchiare la madre ed i fratelli) e che l’espressione di pensieri, sentimenti, emozioni è pericolosa in quanto può scatenare violenza;
Si rileva con frequenza che, dopo la separazione dei genitori, nei figli, specie se adolescenti, aumentano i comportamenti violenti verso madre e fratelli, mettendosi in atto una sorta di sostituzione del padre a causa dell’apprendimento di modelli relazionali distorti e dello sviluppo di disturbi a livello emotivo e comportamentale; in alcune ricerche si rileva una più alta incidenza negli adolescenti di comportamenti devianti e delinquenziali: la violenza assistita è considerata una delle cause delle fughe da casa, del bullismo, della violenza nei rapporti sentimentali tra adolescenti e dei comportamenti suicidiari. L’educazione affettiva di questi minori in generale è impregnata di stereotipi di genere, connotati da svalutazione della figura materna e da disprezzo verso le donne o verso le persone viste come più deboli ma anche verso gli uomini che a tali stereotipi sembrano non adeguarsi.
28 sabato Feb 2015
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inL’International Association for the Study of Pain (1979) definisce il Dolore come un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale in atto o potenziale. Tale definizione mette in luce la complessità del concetto “Dolore”, risultato di meccanismi biologici e neurali influenzati dalle caratteristiche psicologiche dell’individuo, dalla cultura di appartenenza e nel caso dei bambini anche dalla reazione dei genitori.
Nell’iter di cura del bambino con neoplasia l’esperienza del dolore è quasi sempre presente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (1998) riporta che circa il 70% dei bambini soffre in modo severo durante il percorso di cura a causa del progredire della malattia o delle tecniche di trattamento e diagnostiche altamente invasive, complicando ancora di più il vissuto psicologico del bambino e dei famigliari.
Il rischio è che se non si interviene in modo adeguato nel controllo del dolore, sia dal punto di vista medico che psicologico, si generi un circolo vizioso di sfiducia tra il bambino, la famiglia e lo staff medico che va ad inficiare la compliance al trattamento. I bambini, impauriti dal dolore, probabilmente svilupperanno sfiducia verso gli ospedali e lo staff medico, potrebbero sentirsi irritati, ansiosi o depressi per l’impossibilità di controllare i sintomi dolorosi e diventare refrattari ad esprimere ciò che provano e a seguire le cure. Anche i genitori si potrebbero sentire afflitti per la loro impotenza di fronte al dolore del figlio, innervosendosi eventualmente con lo staff medico e trasmettendo il loro malessere e la loro diffidenza al bambino. Lo staff medico dall’altra parte potrebbe sviluppare sentimenti di colpa o ancora peggio diniego verso la sofferenza dei bambini.
La sensibilizzazione a questa tematica diventa quindi fondamentale per migliorare la Qualità di Vita del bambino “paziente” e di tutti coloro che gli stanno vicini, con interventi integrati che richiedono collaborazione tra medici, psicologi e infermieri.
Esistono “Le Linee Guida per la Cura del Dolore nei Bambini Malati di Cancro” redatte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1998, che demitizzano le paure sui farmaci oppioidi come la morfina e indicano un approccio corretto allo staff medico e alle famiglie suggerendo interventi prettamente farmacologici accompagnati da quelli psico-educazionali.
Per approfondire l’argomento è consigliato leggere il testo “Elementi di Psico-oncologia Pediatrica” a cura di V.Axia (2004) Carocci Faber
23 lunedì Feb 2015
Posted psicoterapia
in20 venerdì Feb 2015
Posted emozioni
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L’essere umano è una locanda,
ogni mattina arriva qualcuno di nuovo.
Una gioia, una depressione, una meschinità,
qualche momento di consapevolezza arriva di tanto in tanto,
come un visitatore inatteso.
Dai il benvenuto a tutti, intrattienili tutti!
Anche se è una folla di dispiaceri
che devasta violenta la casa
spogliandola di tutto il mobilio,
lo stesso, tratta ogni ospite con onore:
potrebbe darsi che ti stia liberando
in vista di nuovi piaceri.
Ai pensieri tetri, alla vergogna, alla malizia,
vai incontro sulla porta ridendo,
e invitali a entrare.
Sii grato per tutto quel che arriva,
perché ogni cosa è stata mandata
come guida dell’aldilà.
12 giovedì Feb 2015
Posted neuropsicologia
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Un gruppo di ricercatori dell’Università della Virginia a Charlottesville hanno pubblicato un articolo su “Proceedings of the National Academy of Sciences”, che spiega il rapporto tra ossitocina e ansia. Sembra che la riduzione dei recettori per l’ossitocina sui neuroni corrisponda a un aumento dell’attività di centri cerebrali che innescano uno stato di allarme (e viceversa). L’ossitocina avrebbe un’azione diretta di attenuazione della risposta di paura a una situazione.
http://www.lescienze.it/news/2015/02/11/news/paura_disturbi_ansia_ossitocina_fattori_epigenetic-2479116/