Autolesionismo in adolescenza

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Negli ultimi anni l’interesse scientifico rivolto all’autolesionismo si è ampliato;  l’elevata prevalenza di questo comportamento in adolescenza ha spinto ricercatori e specialisti verso l’esplorazione delle cause all’origine dell’autolesionismo e l’individuazione di modelli di intervento efficaci.

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L’autolesionismo inferto senza intenzione suicidaria (Non-Suicidal Self-Injury) è un comportamento volto a farsi del male senza lo scopo di morire. Alcune forme frequenti sono tagliarsi, bruciarsi, graffiarsi, picchiarsi, mordersi, pizzicarsi e strapparsi i capelli. La prevalenza dell’autolesionismo in adolescenza sembra raggiungere il picco tra i 15-16 anni e declinare verso i 18 anni (Plener et al., 2015).

Le ricerche sembrano concordare sul fatto che mettere in atto ripetuti atti di autolesionismo sia associato ad alti livelli di abuso di sostanze, aumento del rischio di tentativi di suicidio e di sviluppare un disturbo borderline di personalità da adulto (Nakar et al.,2016, Groschwitz,2015).

Nel DSM-5 (2013) l’autolesionismo è definito solo come un sintomo del disturbo borderline di personalità, anche se nella sessione 3,dedicata alle condizioni che richiedono ulteriori studi, viene considerata la possibilità che l’autolesionismo senza intenzione suicidaria (NSSI) possa essere considerato un’entità diagnostica indipendente.

Il primo studioso ad effettuare una classificazione dei diversi tipi di autolesionismo e ad indicare una strada per il trattamento  fu lo Psichiatra americano Armando Favazza. Dopo la pubblicazione del suo libro “Bodies Under Siege: Self-mutilation in Culture and Psychiatry” nel 1987, si accese l’interesse della comunità scientifica e clinica e si aprì il campo alle ricerche sull’argomento. Si passò dal considerare l’autolesionismo come un tentativo di suicidio a prendere in considerazione la funzione maladattiva ma allo stesso tempo di auto- aiuto che può assolvere.  Questa nuova lettura permise di sviluppare nuove prospettive di trattamento che assumevano come condizione di partenza l’esplorazione delle funzione di questi comportamenti per poi individuarne altri più adattativi che potessero essere utili ad affrontare la sofferenza emotiva.

Alcune funzioni che sembra assolvere l’autolesionismo sono:

  • Regolazione emotiva, «mi serve per fermare il dolore emotivo»
  • Comunicare, « così posso mostrare la mia sofferenza agli altri»
  • Punirsi, « avere ciò che merito»
  • Purificazione, « così mi pulisco dalla sensazione di sporco che mi sento addosso»
  • Uscire da uno stato dissociativo, « mi aiuta a far sì che io venga fuori dal sogno in cui mi trovo»

L’alta prevalenza del comportamento autolesionista in adolescenza sembra essere correlata ai cambiamenti dello sviluppo del cervello specifiche di questa fase della vita. In adolescenza la corteccia prefrontale è interessata da un processo di ristrutturazione determinato dalla riduzione del numero dei neuroni e delle sinapsi, fenomeno che viene definito “potatura”, e dalla formazione della mielina. L’area limbica inoltre  presenta una maggiore attività facendo sì che le emozioni possano emergere più repentine e intense con un ridotto effetto regolatore della corteccia prefrontale (Casey at al., 2008).Le ricerche riportano come fattori di rischio dell’autolesionismo:  essere di sesso femminile, essere vittima di bullismo, orientamento non eterosessuale, esperienze sfavorevoli infantili (ACE) come trascuratezza, abuso sessuale e fisico, deprivazione, critica o disinteresse genitoriale (Brown & Plener, 2017).

Un altro elemento da non sottovalutare è il contagio attraverso il web. I social network sono oggi un mezzo usato dagli adolescenti anche per condividere il dolore e la sofferenza e da questa condivisione possono partire pratiche di emulazione, come avviene nel caso dei ragazzi che aderiscono al movimento emo. Attraverso i blog e le community gli emo si cercano e si riconoscono, pubblicano foto, video e post che decantano la pratica autolesionista del procurarsi tagli sulle braccia e aspirano al suicidio come soluzione ideale rispetto al malessere che vivono nel relazionarsi con gli altri.

Dall’analisi accurata di alcuni studi emerge che i primi 100 video di YouTube con un contenuto autolesionista sono stati visti oltre due milioni di volte,  il 90% di video  mostrano fotografie e il 28%  mostrano la messa in pratica (Lewis et al., 2011). Esaminando il database “Yahoo! Answers” è  emerso  che la maggior parte delle domande relative a comportamenti autolesionisti (30,6%) è stata inviata con l’intento di trovare una validazione  a questi atti (Lewis et al., 2012).

Sembra però che il web sia anche un mezzo che gli adolescenti utilizzano per chiedere aiuto  e per ridurre la sofferenza emotiva (Brown & Plener, 2017). In virtù di queste richieste esistono blog e siti che accolgono e orientano verso interventi specialistici. Un portale italiano dedicato allo studio e all’informazione  sull’autolesionismo è il SIBRIC  (Self Harm & Self Injury), nel quale esiste una sezione Help & Support.

Il Butterfly Project prevede attraverso un blog una raccolta di storie di autolesionismo e invita gli adolescenti a disegnarsi sul corpo una farfalla ogni volta che sentono l’impulso a farsi del male e a condividere  sul blog le immagini delle farfalle disegnate.

Le terapie dimostratesi efficaci per il trattamento di adolescenti con autolesionismo  sono la terapia dialettica comportamentale per adolescenti (DBT-A), la terapia cognitivo comportamentale (CBT) e la terapia per adolescenti basata sulla mentalizzazione (MBT-A). Nessuna terapia farmacologica viene indicata dall’American Food and Drug Administration come efficace per trattare l’autolesionismo (Brown & Plener, 2017).

L’Ansia e il Natale

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Sta arrivando il Natale, pieno di luci e addobbi, pieno di corse per i regali e di preparativi, pieno di emozioni positive e negative. Un periodo che può essere vissuto con euforia e gioia ma anche con ansia o con tristezza, le reazioni sono infatti individuali ed  influenzate dalla storia e dalle caratteristiche della persona e dal contesto nella quale vive.

Soffermiamoci sul perché possiamo provare ansia durante questo periodo e su come poterla gestire.

L’ansia è un’emozione che si presenta ogni volta che la nostra mente avverte un pericolo. Quali pericoli può presentare l’arrivo del Natale? La corsa contro il tempo per pensare ai regali da fare e organizzare gli inviti, difficoltà economiche, incontrare i parenti, confrontarsi con la solitudine, timore di ingrassare a causa dei pasti abbondanti possono essere alcuni campanelli d’allarme che scatenano l’ansia.

Quando ti rendi conto che sei sopraffatta da questa emozione, il passo successivo è fermarti un attimo e cercare di gestirla. Di seguito 5 passi che possono aiutarti:

  • Sperimenta la tua emozione

Osserva ciò che senti, non cercare di sopprimerla o di respingerla, osserva dove nel tuo corpo stai sentendo le sensazioni prodotte dall’ansia e ricorda che non sei la tua emozione, non devi necessariamente agire in base a ciò che ti dice di fare l’ansia.

  • Riconosci la causa

Cerca di individuare quale evento interno o esterno l’ha scatenata, chiediti qual è la minaccia percepita…paura di non fare in tempo a portare a termine gli impegni che prefissati, timore di confrontarti con il giudizio, di non soddisfare le aspettative, di non riuscire ad affrontare una determinata situazione?

  • Controlla i fatti mettendo alla prova i tuoi pensieri

Stai interpretando correttamente la situazione? Ci sono altre possibili interpretazioni? Stai pensando per estremi (pensiero tutto – o – niente, pensiero catastrofico)? Qual è la probabilità che si verifichi il peggio?  Anche se il peggio dovesse accadere, riesci a immaginare di gestirlo con successo?

  • Immagina la situazione nella tua mente ed esattamente cosa potresti fare per gestire in modo efficace la situazione.

Rilassati e prova a immaginare le tue azioni, i tuoi pensieri, quello che dici e il modo in cui lo dici e prova a immaginare di gestire i problemi che potrebbero presentarsi nella situazione temuta.

  • Passa all’azione

Affronta ciò che ti crea ansia, senza evitarlo, se possibile più e più volte e valuta i risultati.

Buon lavoro!

Contento con poco

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di Robert Burns, 1794

Contento con poco e felice con poco più
Ogni volta che incontro la tristezza e la preoccupazione,
Che stanno scivolando verso di me,
Gli do un ceffone con una buon boccale di birra
E una vecchia canzone scozzese
Spesso sbatto con il gomito contro il Pensiero
Ma l'uomo è un soldato e la vita deve essere combattuta
Il mio sorriso e il mio buon umore sono le mie monete nel borsellino
E la libertà è la mia credenza che nessun monarca
Ha il coraggio di toccare
Dodici mesi di problemi, nel caso in cui la mia fortuna cada
Sono risolti da una notte di buona compagnia
Quando arriveremo alla triste fine del nostro viaggio
Che importanza avrà la strada che abbiamo percorso
La fortuna cieca lasciala traballare e inciampare lungo la strada
Sia addosso a me che lontano da me
Lascia la puttana andar lontano da me
Altrimenti vengano i periodi belli 
Vengano quelli brutti 
Venga il piacer 
Venga il dolore 
Le mie peggiori parole sono "Benvenute e benvenute ancora" 
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I bulli! Chi li dimentica!

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Chi non ha mai incontrato il bullismo tra le strade della sua vita?  C’è chi l’ha subito direttamente, chi l’ha agito e chi ha assistito silenziosamente oppure partecipando con un sorrisino o con una reazione di difesa a favore della vittima.

Da piccoli si nascondeva dietro un genitore che teneva il muso quando accadeva qualcosa e voleva punirci, aveva la faccia dell’insegnante che ci metteva dietro la lavagna e ci ridicolizzava davanti alla classe e/0 ci diceva “sei un asino”!!!! E aveva le sembianze di un nostro coetaneo, un nostro simile che si sentiva poco simile a noi e apparentemente superiore.  Queste esperienze, memorizzate nelle cellule della nostra mente, continuano a nuocere per anni e anni. Diverse ricerche hanno dimostrato come lascino delle tracce indelebili che sono in grado di influenzare la qualità della vita anche da adulti!

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Una ricerca , pubblicata  nel 2014 nell’American  Journal of Psychiatry (Takizawa et al.,2014) dimostra che gli effetti negativi di atti di bullismo  subiti tra i 7 e gli  11 si ritrovano anche 40 anni dopo.

Questo studio  prende in considerazione i dati raccolti all’interno di una ricerca nazionale britannica di tutti i bambini nati in una settimana del 1958 nel Galles, Scozia e Inghilterra.

Su un totale di 7.771 bambini, era emerso che circa il 28% dei bambini era vittima di bullismo di tanto in tanto e il 15% spesso.  Quindi gli studiosi hanno considerato l’intero campione   seguendolo fino a 50 anni d’età dei partecipanti.

Quello che è emerso a distanza di anni è che gli individui che sono stati vittime di bullismo durante l’infanzia hanno maggiore rischio di depressione, disturbi d’ansia e pensieri suicidi rispetto a chi non ha subito bullismo. Si è notato che i loro livelli di istruzione erano più bassi e gli uomini avevano più probabilità di essere disoccupati e guadagnare di meno. Risultavano compromessi anche i rapporti sociali, il sostegno della rete sociale ed era inferiore il livello di soddisfazione personale della qualità della vita.

Risultati sconcertanti che richiamano tante riflessioni. La prima sugli interventi preventivi, cosa si può fare  affinché non ci siano più bulli nelle scuole e nelle famiglie? Coltivare l’empatia come fanno in Danimarca, con l’ora di empatia a settimana nella programmazione scolastica, potrebbe essere una soluzione.

Un’altra riflessione riguarda l’indagine della vita dell’adulto che arriva a chiedere un aiuto psicologico per un problema attuale: puntare una lente di ingrandimento sull’accertarsi che non ci siano episodi di bullismo alle spalle, voragini di umiliazione e terremoti di autostima potrebbe essere un’utile chiave di lettura che potrebbe favorire il lavoro terapeutico.

Riferimenti bibliografici

  1. R. Takizawa, B. Maughan, L. Arseneault. Adult Health Outcomes of Childhood Bullying Victimization: Evidence From a Five-Decade Longitudinal British Birth Cohort. American Journal of Psychiatry, 2014; DOI:10.1176/appi.ajp.2014.13101401

Un viaggio nella teoria polivagale

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DSC05936A fine maggio ho partecipato ad un workshop sulla teoria polivagale condotto dal suo fondatore Stephen W.Porges.

Gli stimoli che mi sono giunti sono molti, proverò a descrivere alcuni aspetti rilevanti per la pratica clinica.

Quali sono i principi della teoria polivagale?

L’evoluzione ha reso il sistema nervoso degli uomini complesso, con strutture cerebrali che regolano i comportamenti sociali e di difesa.

La risposta al comportamento dell’altro è regolata dal sistema nervoso autonomo che può essere attivato da tre diversi circuiti neuronali che si sono evoluti gerarchicamente.

Questi circuiti dipendono dal nervo vago che permette una comunicazione bidirezionale tra il cervello e una serie di organi viscerali, incluso il cuore e l’intestino. Tra tutte le fibre motorie del sistema vagale, approssimatamente solo il 15% sono mielinizzate. La mielinizzazione, una copertura della fibra neuronale, è associata a una più veloce e salda regolazione dei circuiti di controllo neuronale.

L’attivazione di un circuito o l’altro dipende dalla valutazione che il nostro sistema nervoso fa della pericolosità dell’ambiente esterno. I tre circuiti sono:

  1. circuito dell’immobilizzazione: componente più primitiva, corrisponde a morte simulata e blocco all’azione.  Dipende dall’innervatura più antica del nervo vago, non mielinizzata e che origina nel tronco encefalico.
  2. mobilizzazione: comportamenti di attacco-fuga, dipende dal funzionamento del sistema nervaso simpatico che implica aumento del battito cardiaco e maggiore contattilità miocardica.
  3. comunicazione sociale: espressioni facciali, vocalizzazione, ascolto. Dipende dal vago mielinizzato che origina nel nucleo ambiguo del tronco encefalico e che favorisce i comportamenti calmi.

Porges ha coniato il termine neurocezione per indicare l’attivazione dei circuiti neuronali che in modo istintivo ci permette di distinguere se una situazione è sicura o minacciosa per la vita. Anche se non ne abbiamo piena consapevolezza, appena entriamo in contatto con un ambiente nuovo o  con gente estranea, a livello neurofisiologico il nostro corpo  velocemente attribuisce una valutazione di pericolo o sicurezza e inizia una serie di processi neurali che ci inducono verso  comportamenti di attacco, fuga, immobilizzazione o  sociali. Sin da bambini per creare relazioni sociali il nostro sistema nervoso deve valutare il rischio attraverso l’elaborazione delle informazioni che arrivano dall’ambiente e successivamente se il contesto non risulta pericoloso disattivare le reazioni difensive di attacco, fuga o immobilizzazione.

Nei bambini che seguono traiettorie di sviluppo normale, la neurocezione legge il rischio esterno in modo adeguato e il corpo reagisce in modo congruo. Esiste una zona della corteccia, il lobo temporale,  che si attiva nel momento in cui vediamo volti e sentiamo voci familiari. Nel momento in cui questo riconoscimento di sicurezza avviene, la neurocezione disattiva le aree cerebrali che organizzano le strategie difensive attacco-fuga o immobilizzazione e siamo pronti per il contatto sociale, permettendo all’altro di avvicinarsi a noi. Se invece la situazione cambia e diventa rischiosa si attivano i circuiti delle strategie difensive e reagiamo con comportamenti di ritiro o aggressivi.

La presenza di psicopatologia sembra essere caratterizzata da un difettoso funzionamento della neurocezione ovvero può essere presente un’incapacità di inibire i sistemi di difesa in un ambiente sicuro oppure un’incapacità di attivare i meccanismi di difesa in un ambiente rischioso.

Quali sono le possibili applicazioni nella pratica clinica?

La teoria polivagale può darci indicazioni su come noi terapeuti possiamo contribuire a creare un ambiente sicuro durante un colloquio.

Esiste secondo Porges un “codice neuronale dell’amore” che è il risultato della ricerca evolutiva e biologica della sicurezza nella relazione con gli altri. Senza esserne consapevoli comunichiamo con la parte superiore del volto, con il contatto visivo, la prosodia della voce e la postura del corpo segnali di sicurezza o pericolo.

Marcatori di sicurezza possono influenzare la riuscita della terapia perchè non attivano il sistema di difesa del paziente e invece sollecitano l’attivazione e quindi l’esercizio del circuito mielinizzato del nervo vago deputato ai comportamenti sociali. Attraverso il calore e la prosodia della voce, il morbido contatto oculare , l’apertura della postura  e la posizione recettiva e accogliente del terapeuta , il cliente sperimenta un terapeuta calmo e sicuro e si  apre ulteriormente nell’incontro.

La capacità del cervello di sviluppare nuove connessioni neurali che portano a stati emotivi più calmi e più sani è facilitata quando l’ambiente terapeutico è sicuro e dove si coltiva la presenza terapeutica.

La presenza terapeutica è connotata non solo dall’essere pienamente  nel momento con il paziente , ma anche  dall’avere  momento per momento la consapevolezza delle barriere al proprio essere presente e di essere in grado di portare la consapevolezza piena di nuovo al paziente quando queste barriere emergono.

Il nostro lavoro non può essere improvvisato: non solo è necessario uno studio accurato della psicologia e delle psicopatologia, un lavoro personale, un aggiornamento continuo ma anche una consapevolezza piena di come “stiamo” nella stanza con il paziente, cosa ci attiva lui e cosa attiviamo noi. Se stiamo ballando la “danza della sicurezza” insieme al paziente avremo più possibilità di essere d’aiuto nella risoluzione del malessere portato.

Bibliografia

Porges W. (2014) La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione.  Giovanni Fioriti Editore

Geller, S.,  Porges W. (2014).  Therapeutic Presence: Neurophysiological Mechanisms Mediating Feeling Safe in Therapeutic Relationships. Journal of Psychotherapy Integration

 

 

 

disturbo borderline-cosa fare

parte 3 ###

I sintomi del Disturbo Borderline di Personalità (BPD) di solito si presentano nell’adolescenza e nella prima età adulta. Tale disturbo è caratterizzato da instabilità emotiva, reazioni estreme, senso distorto di sé,sentimenti cronici di vuoto,autolesionismo, pensieri suicidari o tentativi di suicidio. In un articolo sulla rivista BuzzFeed (http://www.buzzfeed.com/ariannarebolini/things-people-with-bpd-want-you#.rwk8dVKOmp)vengono riportate 23 cose da sapere sul disturbo che sono tratte dall’esperienza di 6 persone che sono affette da BPD. Di seguito altre importanti informazioni, che completano quelle già in precedenza descritte.

17.  Alcune forme di terapia funzionano meglio di altre, così come alcuni terapeuti

“Anche se per certe persone funziona benissimo, per me la terapia cognitivo comportamentale non è efficace. Mi è più utile  la DBT (terapia dialettica comportamentale),  che mi ha aiutato ad acquisire abilità  per affrontare le mie difficoltà.  Attraverso la DBT si lavora sulla consapevolezza.  E’ un percorso intenso, che dura almeno un anno e che prevede un lavoro individuale e degli incontri di gruppo. Il terapeuta è come un allenatore.  Se inizio a disregolarmi, a perdere il controllo e sto per fare qualcosa di stupido- tipo tagliarmi, bere o aggredire- posso chiamarlo e mi aiuta a calmarmi. Lui non risponde  con rabbia, o ti ignora, come fanno  gli altri  rendendo le cose peggiori. Attraverso la DBT  si può rimodellare il cervello – e se si pratica, pratica, pratica ogni giorno, si diventerà bravi a farlo. Puoi cambiare il tuo comportamento e il  tuo pensiero.  Con me funziona”-RC

18. Trovare terapeuti che attuano il trattamento DBT non è molto facile 

19. Così che molte persone che scoprono l’esistenza di questo trattamento a volte si comprano i libri per studiarlo da soli.

20. Fattori decisivi nel miglioramento  sono l’amore, il sostegno e rassicurazione .
“Le persone con disturbo borderline vogliono e hanno bisogno di essere amati , ma il loro comportamento può spingere  le persone lontano dalla loro vita .  A volte finiscono da soli , spaventati e di conseguenza non possono più avere voglia di continuare. Quello di cui hanno bisogno è il supporto e l’empatia “ -SF

21. Se non parliamo di disturbo borderline di personalità non possiamo romperne lo stigma e quindi non aiutiamo chi ne soffre a chiedere aiuto

22. Questioni di visibilità

“Voglio stare meglio e sto percorrendo tutti i passi che mi porteranno verso la guarigione,che ho visto accadere in altre persone . E  aver visto  gli altri che stanno meglio,mi fa sperare che forse potrebbe accadere per me . ” -Eh

23. Le persone con BPD sono più forti di quanto pensihappiness.jpeg

” Le mie estreme reazioni emotive sono così radicate nel mio cervello che io non posso impedirmi di esperirle , posso però  gestirle . Vivere con BPD è un  duro lavoro e chi riesce a rimanere in vita di fronte a un dolore così intenso è un eroe ” -AS

disturbo borderline -cose da sapere

parte 2##

(http://www.buzzfeed.com/ariannarebolini/things-people-with-bpd-want-you#.rwk8dVKOmp)

10. Quello che può migliorare la condizione della persona con DPB (disturbo di personalità borderline) è il lavoro con uno psicoterapeuta che conosce come trattare il disturbo.

” Alla fine ho migliorato la mia condizione attraverso la relazione con uno psicoterapeuta che mi ha aiutato con competenza e compassione. Questo rapporto ha permesso che io comprendessi il DPB e il suo ruolo nella mia vita” – MHF

11.  Spesso  le persone con DPB  presentano anche altri disturbi – come abuso di sostanze, depressione, ansia e disturbi alimentari.
“Il Disturbo Borderline è davvero legato al mio disturbo alimentare e sono trattati contemporaneamente. Limitare  e perdere il controllo sono modi che io uso per gestire queste forti emozioni che io provo e che ho difficoltà a regolare. Mi sento come se  io non potessi essere felice e neanche essere triste ma solo potessi essere insensibile, ed i comportamenti che ho usato per raggiungere questo   non sono sicuramente stati salutari.”-Eh

12. Il  DPB  può rendere davvero difficile mantenere i rapporti
” Il BPD ha un enorme impatto sui miei rapporti personali. Poiché io sono così emotivamente sensibile, posso spesso reagire in modo eccessivo a cose che fanno o dicono gli amici o la famiglia comportandomi in modo inefficace per me e  e l’altra persona. Questo rende per me difficile  mantenere le amicizie “. -Andrea Shawl-
“La vera essenza della DPB è che ha un impatto diretto sulla vostra capacità di comunicare, e mantenere rapporti con le persone più vicine a voi. Si può stabilire  un rapporto intenso e  senza preavviso allontanarli il più lontano possibile. Questo ciclo si ripete più e più volte perché, fino al momento in cui non inizi il trattamento, ti manca la capacità di mantenere relazioni in modo funzionale. A fonte di ciò, DPB provoca una grande paura dell’abbandono, pensi – ‘! Ti odio, non mi lasciare’, “-SF

13. Ma può anche rendere i legami affettivi forti
“Ho avuto il privilegio di trascorrere la maggior parte degli ultimi dieci anni creando relazioni  a lungo termine con persone  che ho amato ferocemente e che in passato mi hanno amato  altrettanto ferocemente. Il DPB prevede una più intensa esperienza emotiva, che, in termini delle mie relazioni sentimentali, è stata più un dono che una maledizione”-. MHF

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14.  La fiducia è estremamente importante

“Una cosa che mi aiuta è la relazione solida con mio marito. Egli è estremamente supportivo – Mi fido di lui al 100% quindi non si verificano  con lui gli stessi problemi di rapporto che creo con gli altri “-Andrea Shaw-
“Nel mio caso, il DPB deriva da traumi infantili – l’abuso e l’incuria che ho avuto da mio padre. Mi è stata lasciata da questa esperienza una sensazione  di essere inutile e amabile, con grandi problemi di fiducia. Vivo nel costante timore di essere respinta dalle persone che amo  e faccio sforzi frenetici per prevenirlo. “-Marra Yates

15. . Così come la  validazione
“Per molti anni, fin da quando avevo circa 12, i miei genitori pensavano che stavo solo cercando di attirare l’attenzione con i miei comportamenti – autolesionismo, crisi di pianto, sintomi depressivi. Non credevano che avevo un problema, così per molto tempo non hanno sostenuto il mio trattamento e non volevano pagare per il mio trattamento. E ‘stato davvero difficile; Mi sono sentito veramente invalidato per un lungo periodo di tempo. “-Eh

16. E la pazienza
“Ho la fortuna di avere una relazione con una persona paziente, che capirà quando sto reagendo in modo eccessivo  e come prendermi per farmi calmare. Per me, l’annullamento di un appuntamento a cena può anche essere devastante. E  se vedo il mio migliore amico trascorrere del tempo con il suo collega credo che io sono sola e non amata. Non posso fare a meno di questa modalità, ma io  cerco di fare del mio meglio per non lasciare  che il DPB  mi impedisca di vivere una vita normale e di formare  relazioni sane. “-MY

Cose importanti da sapere sul Disturbo Borderline di Personalità

prima parte ##

I sintomi del Disturbo Borderline di Personalità (BPD) di solito si presentano nell’adolescenza e nella prima età adulta. Tale disturbo è caratterizzato da instabilità emotiva, reazioni estreme, senso distorto di sé,sentimenti cronici di vuoto,autolesionismo, pensieri suicidari o tentativi di suicidio. In un articolo sulla rivista BuzzFeed (http://www.buzzfeed.com/ariannarebolini/things-people-with-bpd-want-you#.rwk8dVKOmp)vengono riportate 23 cose da sapere sul disturbo che sono tratte dall’espe- rienza di 6 persone che sono affette da BPD. Di seguito le prime 9 importanti informazioni.

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1.Il BPD può rendere incredibilmente difficile regolare le proprie emozioni “Sono estremamente sensibile agli stimoli emotivi – l’ipersensibilità emozionale è il nucleo della mia esperienza di BPD. A causa di questo, la velocità con cui le mie emozioni fluttuano è mozzafiato,oscillando da un estremo all’altro, da esaltazione a disperazione. Devo lavorare sodo per gestire e regolare le mie emozioni. Questo è molto difficile e qualche volta sono confuso.” -Andrea Shaw

2. Una modalità di affrontare la situazione è dissociarsi dall’ambiente, il che significa psicologicamente o emotivamente staccarsi da ciò che sta accadendo o che li circonda.Ma questo spesso può essere male interpretato.Pensate a qualcuno che è altamente sensibile che vive in un mondo crudele. Non solo il mondo crudele non valorizza la sensibilità, ma infligge un trauma. A quel dolore sperimentato chi soffre di DBP risponderà utilizzando come strategia di coping la dissociazione, gli altri possono interpretare questa reazione protettiva come rabbia e manipolazione. Se la nostra comunità apprezzasse la nostra sensibilità e comprendesse le nostre risposte al dolore, potremmo stare meglio.” -Mary Hofert Flaherty

3. La dissociazione o depersonalizzazione possono essere incredibilmente spaventose. “La Depersonalizzazione è fondamentalmente un meccanismo di difesa, compare di solito dopo un trauma, ma quando si prova depersonalizzazione cronica – come è capitato a me – si viene catturati in quello stato per mesi. E questo è quello che mi è successo. Non ero depresso. Il modo migliore per descriverlo sarebbe così: Quando sei fatto di marijuana e senti le tue mani come se non fossero le tue o dici qualcosa e ti chiedi,sono stato io a parlare? Con la derealizzazione accade qualcosa di simile a questo. E’stato per me molto spaventoso ed i medici continuavano a dire che era depressione.” -Royal Cumings

4. Il BPD non rende le persone intrinsecamente meschine o arrabbiate “La maggior parte delle persone con disturbo borderline che ho incontrato sono anime molto gentili; sono persone molto gentili. Hanno un cervello sensibile che ha subito traumi o è stato invalidato. Tante persone hanno l’impressione che la gente con BPD sia solo stronza, visto che sbraitano siano più forti. La maggior parte di noi invece è molto dignitosa, siamo persone sensibili e non ci piace ferire le persone. E’ solo un’idea che siamo tutti arrabbiati “. -RC

5. Le persone con disturbo borderline semplicemente non possono scegliere di essere in un modo diversoLe persone che soffrono di BPD non scelgono di essere in questo modo. Attraverso una serie di studi e di ricerca interiore sono giunto alla conclusione che il mio disturbo borderline è stato causato da una combinazione di due fattori:Una predisposizione genetica e crescere in un ambiente invalidante “-Shelley Fisher

 6. Non si comportano in un certo modo solo per attirare l’attenzione “Ho incontrato una grande quantità di stigma durante la mia malattia, soprattutto da parte delle persone che sostengono che ho scelto di comportarmi  in un certo modo per attirare l’attenzione (in riferimento all’ autolesionismo e ai comportamenti suicidari). Vorrei chiarire che la scelta di farmi del male è stata un’esperienza molto traumatica. “-SF

7. Le persone con disturbo borderline possono passare attraverso anni di diagnosi errata – ed è incredibilmente sconfortante. “Mi è stato diagnosticato un disturbo bipolare un paio di volte, la depressione, disturbi dell’umore ma nulla sembrava giusto. Quando un medico finalmente ha detto che sembrava BPD, più leggevo su questo disturbo più mi dicevo “questo sono io”,Finalmente sono a casa; Ho una diagnosi. Sappiamo che cosa c’è che non va e noi sappiamo cosa fare adesso. “-RC

8. Così, quando finalmente arriva la diagnosi giusta, può essere un sollievo enorme. “E ‘stato davvero bello sapere che non ero la sola a combattere con queste difficoltà. Quando ho saputo che tanta gente soffre di questo disturbo, mi sentivo meglio, perché ho sentito improvvisamente che non ero sola, che non ero pazza “-Erika Hanson

9. Una volta arrivata la diagnosi, può essere un processo faticoso trovare un aiuto adeguato. “E ‘stato tanto faticoso. La prima volta sono stato aiutato dal professore nel mio liceo che aveva notato i miei tagli e mi ha costretto ad andare al centro di consulenza, ma anche lì non hanno davvero saputo come aiutarmi. Alla fine mi hanno detto di trovare io un nuovo terapeuta. Non riesco nemmeno a dirvi da quanti terapeuti sono andato perchè ognuno diceva, ‘Non so come lavorare con lei ; provi ad andare da quest’altro terapeuta! ‘”-Eh

Validare è meglio di invalidare!

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VALIDARE: dare valore, confermare, verificare, autenticare, comunicare che si è compreso
INVALIDARE: Rendere o dichiarare non valido, privare di validità e di efficacia, sconfermare, comunicare che quello che l’altro dice, pensa, sente non ha significato.
Un ambiente sociale invalidante punisce la manifestazione delle emozioni o contribuisce alla negazione o alimenta l’escalation emotiva e porta l’individuo a creare confusione in quello che  sente e  ad AUTOINVALIDARSI
Esistono tre tipi di invalidazione:
1. rifiutare in modo indiscriminato i pensieri, sentimenti e comportamenti di un altro.11060016_722699131210259_4164881272755902527_o
Se un genitore utilizza questo tipo di invalidazione con i propri figli, la conseguenza è che questi ultimi smettono di credere a ciò che sentono e iniziano ad autoinvalidarsi dicendosi che quello che pensano, sentono, fanno è inappropriato. Interiorizzando dunque la voce genitoriale, diventano il peggior nemico di loro stessi.
2. non viene considerata o è punita l’espressione emotiva a bassa intensità, diventa degna d’attenzione solo l’alta espressività emotiva. Chi cresce in questi contesti apprenderà che per farsi notare occorre generare un’esplosione emotiva, comportamento che lo porta a disgregolandosi.
3. sminuire le soluzioni trovate dall’altro per risolvere il problema o sopravvalutare le difficoltà. Questo, oltre a compromettere l’autostima potrebbe generare la sensazione di sentirsi impotente di fronte a ciò che accade e quindi senza speranza.

Il formarsi di sentimenti di autosvalutazione e inadeguatezza aumenta il rischio di sintomi depressivi, condotte devianti, disturbi alimentari, tentativi di suicidio, appiattimento emotivo o disregolazione emotiva.

Riferimenti bibliografici:

Marsha Linehan,  DBT skills manual for adolescents  (2014).

Marsha Linehan, DBT skills training (2015)